Le tragedie sul lavoro e gli effetti delle norme inadeguate

La recente tragedia di Firenze ci induce all'ennesima riflessione sullo stato della normativa che grava sul settore delle costruzioni e della progettazione.
Il cordoglio degli architetti e degli ingegneri di ALA è per le nuove vittime e per le loro famiglie, che risiedano in Italia o nei Paesi nei quali indigenza e carenza di diritti spingono gli operai a cercare lavoro all'estero, anche in condizioni rischiose e ingrate.

Tutti sappiamo bene che i muratori non sono più da tempo, i protagonisti di un lavoro sempre duro, a volte usurante e rischioso, ma nobilitato dal riconoscimento della capacità realizzativa, dal dialogo proficuo tra i diversi attori della costruzione e dalla remunerazione anche morale, data dalla consapevolezza di partecipare a realizzazioni dal riconosciuto valore sociale ed estetico. Una partecipazione a volte conflittuale, ma che creava una condivisione che trovava il suo culmine nell'antica festa che concludeva l'ultimazione di ogni cantiere, alla quale partecipavano tutti coloro che vi avevano lavorato: committente, architetti e ingegneri, artigiani, operai, tutti con pari dignità, ciascuno con l'orgoglio d'avere svolto un ruolo di elevata e riconosciuta utilità.
La prevalenza delle regole della finanza e le esigenze dell'industrializzazione hanno poi cancellato questo equilibrio, che pur precario aveva contribuito a creare la consapevolezza diffusa del valore delle abilità manuali e della professionalità, in un periodo storico nel quale non era stata ancora emanata la normativa sulla sicurezza e nel quale quindi i cantieri erano luoghi veramente insalubri e pericolosi.

Completata la ricostruzione postbellica con le informi periferie, da tempo ormai le "costruzioni" sono viste dall'opinione pubblica come un fastidio e come fattori di potenziali danni ambientali. Un sentimento che ha comportato che anche i ruoli dei diversi soggetti che partecipano al processo del costruire hanno perduto il riconoscimento generale del loro valore sociale e culturale. Oggi, l'atto del costruire, per essere accettato dalla gente dev'essere infatti ammantato di attenzioni che tendono a divenire ormai quasi ossessive: il green, il risparmio energetico, l'economia circolare, tutti atteggiamenti e valori sicuramente utili e necessari, ma che non esauriscono tutti i contenuti del costruire. Invece senza queste giustificazioni, tutti coloro che con diversi ruoli si occupano di progetto e di costruzioni, non soltanto hanno perduto il fascino che riveste chi, col proprio lavoro, contribuisce al miglioramento del mondo in cui viviamo, ma addirittura sono visti con diffidenza, quali potenziali attentatori della natura e dell'ambiente. Di questi proprio il "muratore" è stato la vittima principale: espropriato delle abilità manuali che non gli sono più richieste dall'industrializzazione, in quanto sostituite dal massiccio impiego di macchine, collanti e schiume, è diventato un operatore oscuro, per lo più straniero, che è presente in modo episodico nel cantiere, dove svolge funzioni simili a quelle degli addetti alla catena di montaggio di buona memoria, senza poter mai essere partecipe consapevole della costruzione, dall'inizio alla fine. È uno degli effetti delle leggi della finanza, che impongono tempi d'esecuzione sempre più rapidi e tassativi e spremono i contenuti economici di ogni appalto, verso minimi insostenibili.
Da qui ai passi successivi, la distanza è piccola e il percorso inevitabilmente tracciato.

Il massimo ribasso annulla ogni margine economico e quindi operativo; riduce per le imprese di costruzione la possibilità di mantenere organizzazioni stabili, abbassando così il senso d'appartenenza degli addetti; impone il sistema dei subappalti e quindi la presenza contemporanea di molte imprese nel cantiere, con i conseguenti pericoli per l'incolumità degli operatori. Un meccanismo che influenza anche la qualità dei progetti, che sono l'azione complessa che sta al centro di tutta l'attività edificatoria; un'azione che deve essere meditata e approfondita anche a lungo e non può essere costretta entro termini temporali troppo ridotti, oltre che remunerata con corrispettivi insufficienti, senza inevitabilmente comprimere sia l'inventiva genuina, sia ogni possibilità di approfondimento. È questo l'aspetto del quale soffrono in particolare architetti e ingegneri.
A chiusura del cerchio, in questo quadro difficoltoso s'interpone un sistema legislativo schizofrenico, che da un lato ha instaurato meritoriamente un severo quadro di sicurezza e dall'altro cambia vorticosamente le norme e introduce presunte semplificazioni, a volte controproducenti, quali ad esempio la riduzione a due livelli della progettazione negli appalti pubblici, la brevità dei tempi di progettazione e di realizzazione quale fattore premiante, l'appalto integrato, che sovrappone e confonde ruoli e interessi inevitabilmente in contrasto tra loro.

Torniamo ai tragici fatti di Firenze, sui quali i giornalisti stanno già aggiustando il tiro rispetto alle vere cause della tragedia - che sembrano prettamente di natura tecnica - e delle quali spetta all'inchiesta giudiziaria individuare le responsabilità formali e sostanziali. In ogni circostanza dobbiamo però essere consapevoli che il ricorso sistematico al massimo ribasso e l'imposizione di velocità di esecuzione eccessive, sono i principali fattori degli incidenti di cantiere e che da essi derivano anche le eventuali inosservanze. Sono queste le precondizioni che si scaricano a cascata sull'appaltatore generale, sui subappaltatori, sulle maestranze, generando una catena di rischi e pericoli, prima di tutto per gli addetti ai cantieri, ma anche potenzialmente per i futuri utilizzatori delle opere. E sono ancora una volta i medesimi fattori che hanno contribuito ad umiliare la specializzazione e la professionalità di tutti coloro che partecipano al processo della costruzione.

Per concludere, più che introdurre nuovi controlli formali, pur a volte necessari è indispensabile ripensare il quadro normativo d'insieme, che con la sicurezza deve tornare a premiare la competenza e la professionalità ed è questo che gli ingegneri e gli architetti di ALA chiedono al Governo e alle forze politiche del Paese.

Bruno Gabbiani, ALA Assoarchitetti e Ingegneri